La storia della nostra scuola

 STORIA DELLA SCUOLA CAGLIERO ATTRAVERSO I REGISTRI E LE INTERVISTE AD EX ALUNNI

PRIMA DELL’INAUGURAZIONE DELL’EDIFICIO ATTUALE

     Attraverso un esame attento fatto su campioni di registri depositati negli archivi della scuola Cagliero, risulta che una scuola elementare esisteva in questa zona dall’anno scolastico 1933-34. Le aule scolastiche erano ripartite fra vari edifici, ancora oggi esistenti, situati in via Appia Nuova all’altezza dell’incrocio con via di Vigna Fabbri. Il gruppo più consistente di aule si trovava nel cosiddetto villino Berardi, una palazzina di tre piani situata in via di Vigna Fabbri n. 4. Dalla consultazione dei registri  la direzione didattica risulta essere in via Appia Nuova n. 187 di fronte alla chiesa di Ognissanti, consacrata nel 1920, vicino al grande magazzino Oviesse – Standa, il numero civico risulta corrispondere oggi ad un piccolo negozio di borse in pelle. Il palazzo in questione – per lo stile architettonico – risulta essere stato costruito dopo la seconda guerra mondiale (presumibilmente negli anni Sessanta), quindi anche la direzione didattica doveva essere ospitata in una sede provvisoria.

     Dalla consultazione delle carte topografiche del quartiere presenti nella biblioteca comunale Appia risulta che la zona intorno alla chiesa di Ognissanti era largamente costruita, mentre quella introno al villino Berardi era tutta in costruzione: ci riferiamo al grande quadrilatero compreso tra l’Appia, la Tuscolana, via delle Cave e la linea ferroviaria per Civitavecchia.

     Negli anni che vanno dai primi registri presenti nell’archivio: 1933-34, all’inaugurazione del nuovo edificio scolastico intitolato a Giovanni Cagliero: 1936-37, sono stati visionati un campione di 22 registri. Da questi risulta che le classi erano formate in media da 40 alunni, ma ve ne sono anche di 49, 51, ed una di 54. Di questi ogni anno vi erano in media 10 alunni non promossi, 4 rimandati e 10 abbandonavano gli studi. Il risultato di questo andamento scolastico era che le classi erano formate da un buon numero di ripetenti che avevo anche due tre anni in più rispetto all’età di iscrizione alla classe.

     Il registro risulta così formato:

  • La prima pagina o frontespizio contiene le notizie statistiche.
  • Le pagine da 2 a 5 contengono l’elenco degli alunni, i dati anagrafici, il domicilio, il nome dei genitori, la condizione delle famiglie (in molti casi sono specificati i lavori dei padri, alcuni mestieri sono scomparsi), l’inscrizione all’ONB (ordine nazionale balilla), l’iscrizione al Patronato, alla mutualità scolastica, alla società Dante Alighieri.
  • Le pagine da 6 a 9 contengono il programma didattico annuale dell’insegnante diviso per materie.
  • Le pagine da 10 a 15 contengono la descrizione e le osservazioni allo svolgimento del programma didattico per ogni mese.
  • Da pagina 16 il registro contiene 34 pagine per le “qualifiche degli alunni”, il registro vero e proprio con i voti nelle singole materie.
  • Seguono 8 pagine di “Cronaca ed osservazioni dell’insegnante sulla vita della scuola”, questa è la parte più interessante del registro, la più originale, che ci restituisce il “clima” di quegli anni e la particolare situazione di questa parte di Roma.
  • Ancora 8 pagine per gli scrutini o gli esami.
  • Si finisce con una pagina di “Relazione finale dell’insegnante”, anch’essa molto importante perché spontanea e molto originale.

     Nel registro dell’insegnante Chisari Antonino, classe V A maschile, dell’anno 1933-34, risultano interessanti prove d’esame. Il tema fu: “Perché amo il Duce”, chiaro riferimento all’uso strumentale che il regime fascista faceva della scuola. La prova scritta di calligrafia, una sorta di dettato era una citazione di Benito Mussolini: “Il fante andò all’assalto armato soltanto del suo indomito coraggio e vinse per sé e per tutti. Incidete nei vostri cuori il fiero motto scritto da un Fante sui ruderi di una casa sulla destra del Piave: Meglio vivere un giorno da leone che cento da pecora”.

     Il registro dell’insegnante Lo Giudice Adelaide, classe IV B femminile, dell’anno 1934-35, riferisce nella relazione finale, la condizione di povertà delle famiglie, e fornisce una notizia sorprendente: in quella difficile situazione economico sociale, la maestra era riuscita ad effettuare una gita allo zoo e portava regolarmente gli alunni a villa Lazzaroni, allora privata, per fare esercizi ginnici. “Le alunne appartengono quasi tutte a famiglie di disagiate condizioni. Infatti ben 14 sono state provvedute di libri e quaderni ed assistite dal Patronato scolastico. Sono però buone e pulite e sin dal primo giorno mi si sono dimostrate affezionate… Tutte le varie manifestazioni patriottiche e fasciste hanno avuto la loro eco fra le pareti dell’aula. Gli esercizi di educazione fisica obbligatori per l’anno XIII dell’E. F. sono stati eseguiti nella villa Lazzaroni, concessa gentilmente dalle suore in mancanza di palestra. Durante l’anno le alunne assistettero a varie produzioni educative cinematografiche e furono da me condotte al Giardino Zoologico in gita istruttiva e divertente. Il canto fu impartito, almeno una volt a settimana, da un’insegnante di pianoforte. I vari inni patriottici e fascisti hanno echeggiato fra le pareti scolastiche in ogni cerimonia e manifestazione di carattere nazionale”.

     Il registro dell’insegnante Battista Carolina, classe III A femminile, dell’anno 1934-35, riporta un interessante problema come prova di esame: “Si sperso £ 583,40 per acquistare 18 camicie confezionate. Quanto costa ogni camicia? Se le camicie vennero rivendute a £ 33,50 l’una quale fu il ricavato?” Considerando che una giornata lavorativa di un operaio era pagata £ 10, si capisce che comprare una camicia era una spesa non indifferente. In questo caso il registro fornisce notizie di carattere economico e ci indica quale può essere il tenore di vita della popolazione.

     Il registro dell’insegnante Cenerini Alba, classe II femminile, dell’anno scolastico 1934-35, nella relazione finale mostra grande attenzione all’igiene. “Cercai in tutti i modi di migliorare l’igiene delle mie alunne e di abituarle all’ordine così piacevole a vedere. Aiutai le più povere a comperarsi il grembiule, i nastri e l’occorrente in modo da non essere umiliate di fronte alle altre; così formai una classe graziosa e ordinata…In generale sono abbastanza soddisfatta guardando la mia classe quasi non la riconosco: ora sono pulite, ordinate, sveglie e pronte a rispondere, sanno con prontezza fare le operazioni entro il mille, sanno dire  pensierini graziosi su piccoli fatti, su persone da loro conosciute, fanno il dettato quasi tutte senza errori, recitano e cantano con grazia, leggono correntemente e anche con espressione”.

     Il registro dell’insegnante Macchia Giulia in Peroni, classe I A femminile, dell’anno scolastico 1934-35, nella relazione finale fornisce una descrizione impietosa delle difficoltà economiche delle famiglie: “La classe anche all’occhio dell’incompetente appariva scadente su tutti i riguardi molte grandi più di dieci anni, ed altre piccole di appena sei anni, incapaci a dire anche il proprio nome, vestite miseramente, sudice quasi tutte. Ho cercato, nel miglior modo di coltivare in loro l’ordine e la pulizia facendo capire che la pulizia è salute e sono riuscita a migliorarle un po’. Non c’è da dubitare, l’elemento della mia classe è misero, e 3 orfane, e col padre disoccupato o invalido e di altre i genitori per esigenza di lavoro poco si curano delle proprie figlie. Infatti di molte bambine non conosco parenti, perché mai nessuno è venuto a domandare di loro”.

     Una giovane maestra Spisani Giorgina, nata nel 1910, quindi ventiquattrenne, nella relazione finale rivolge una bella frase di affetto alle sue alunne, segno evidente di quel rapporto umano che si stabilisce tra l’insegnante e i suoi alunni. “Il risultato del quale sono soddisfatta è stato quello di aver benevolmente influito sul cuore di queste piccine, dalle quali sono riuscita a farmi amare e delle quali ho conquistato la confidenza per mezzo della quale ho potuto consigliare loro e le mamme in tutto quel poco che la mia breve esperienza mi permetteva”.

     La maestra Nunziati Maria Pia ci offre una precisa e triste descrizione del villino Berardi. “Oggi, 10 ottobre, mi è stata affidata una terza femminile di quarantatre alunne. Elemento eterogeneo – bimbe dagli otto ai dodici anni, ripetenti e nuove della classe; molte provenienti da diverse scuole di Roma, qualcuna dalle scuole di campagna e tutte di povera gente che non tutti i giorni trova lavoro. Siamo alla periferia della città. L’impressione della scuola è sconfortante: – Villino Berardi –ecco la denominazione. E’ un fabbrico con aule non tutte bene esposte. Manca il riscaldamento, manca l’impianto elettrico, e quel che più conta, ogni sussidio didattico. La mia aula è una delle più piccole: c’è una finestra sola, tredici banchi. Tra una fila di banchi e l’altra quasi non si puol passare. Le bimbe sono sistemate tre per banco. Qualcuna rimane in piedi. Sono a Roma nelle scuole della Capitale! Quanto sconforto! Eppure vengo da una scuola rurale; una scoletta a ridosso dell’Appennino Abruzzese, solitaria e ridente, baciata dal sole, tanto lontana dalla vita e tanto piena di vita”.

     Terminiamo questa prima fase di analisi sui registri scolastici con quello del maestro Amoroso Adalgiso, classe IV A maschile, dell’anno 1935-37. In esso troviamo conferma dell’inaugurazione del nuovo edificio scolastico intitolato a Giovanni Cagliero e dei preparativi per quel giorno.

Dalla relazione finale dell’insegnante: “Le lezioni regolari ebbero inizio il giorno 8 ottobre 1936 in una delle aule del Villino Berardi. Il 30 ottobre, dopo la inaugurazione del nuovo edificio, le lezioni continuarono nella scuola G. Cagliero senza interruzione fino al 12 giugno 1937.

Nei nuovi locali, ampi e luminosi, si avvantaggiò la disciplina e il profitto della scolaresca, mentre il lavoro si svolgeva più tranquillo e sistematico… La maggioranza degli alunni, appartiene a famiglie di operai, oltre che dal patronato è stata assistita anche da qualche sacrificio economico del Maestro… Gli assistiti sono stati 25 su 43…”.

     Dalla cronaca dell’insegnante, in data 16 ottobre scrive: “Per preparare gli alunni ai cori per l’inaugurazione del Nuovo Edifizio scolastico abbiamo preso accordi con la Signorina di Canto. Ho preso subito a provare quello che gli alunni ricordano, dettando gl’inni con completamente conosciuti”. In data 24 ottobre: “Nell’ultima mezz’ora di lezione, sia in classe che all’aperto sto esercitando gli alunni nell’esecuzione di cori: – Giovinezza -Balilla – Inno a Roma – L’Inno del Piave”. In data 27 ottobre: “Ieri, nel cortile della nuova scuola, ed oggi alla Villa Lazzaroni si sono fatte le prove per gl’inni e la recitazione da eseguire domani all’inaugurazione dell’edifizio nuovo”. In data 30 ottobre: “Abbiamo preso possesso della nuova scuola: Mi è stata assegnata l’aula n. 49 con 21 banchi a due posti. Aula spaziosa e piena di aria e di luce! Il 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma, è stato solennizzato con l’inaugurazione della nuova opera. E’ toccato anche a noi la fortuna di assistere alla inaugurazione della Nostra Scuola Giovanni Cagliero. Vi ho accompagnato gli alunni inquadrati nei Balilla. La cerimonia si è svolta con austero rito fascista alla presenza delle autorità scolastiche, politiche e religiose. E l’Uomo insonne continua con lena giovanile, la sua immane opera senza riposo, senza stanchezza! E che Iddio lo protegga per il bene e la grandezza dell’Italia Imperiale”.

     Abbiamo avuto la fortuna di contattare due ex alunne presenti all’inaugurazione della scuola, sono Maria Chamblant e Rosaria Turco, entrambe hanno ricordi precisi di quegli anni ed hanno rilasciato una interessante intervista. La sig.a Maria ricordava che davanti alla scuola c’era un campo di sambuco. L’ex alunna Franca Serpieri ricorda riunioni nel cortile della scuola per ascoltare i discorsi del Duce. L’ex alunna Anna Maria Bacchiocchi, ricorda che l’inaugurazione del busto di Cagliero, ancora presente nell’atrio della scuola, avvenne alcuni anni dopo l’inaugurazione, tra il 1942 e il ‘47.

     La scuola era dotata di un impianto radio che permetteva al direttore didattico di comunicare direttamente con tutte le aule, tale apparecchio è ancora conservato nell’ufficio del preside, dove si trovano anche due altoparlanti che erano nelle aule. La maestra Rita Rosicarelli, che ha prestato servizio per oltre trenta anni nella scuola Cagliero, ricorda che era ancora funzionante nel 1978, perché venne data comunicazione del ritrovamento del corpo di Aldo Moro (9 maggio 1978). L’ex alunno Francesco Brillante ricorda tale apparato ancora funzionante a metà anni Ottanta. L’ex alunno Enzo Montanari ricorda che attraverso la radio venne data la notizia della morte del papa Giovanni XXIII, era il 3 giugno 1963.

     Ancora oggi, nell’ufficio del preside, si trovano la scrivania e la libreria originali degli anni Trenta (preside Laura Cialè).

STORIA DELLA SCUOLA

DURANTE LA GUERRA

 

     L’Italia entra in guerra il 10 giugno 1940, fino all’armistizio dell’ 8 settembre 1943 la vita della scuola continua con apparente regolarità, anche se subisce periodi di requisizioni dovute alle esigenze militari. Nei registri scolastici gli insegnanti fanno menzione dei bombardamenti che investirono la città in quel periodo, che furono particolarmente cruenti: quello del 19 luglio 1943 e quello del 13 agosto successivo.

     Leggiamo che le lezioni dovevano essere sospese al suono dell’allarme e che le famiglie iniziarono a non mandare più i figli a scuola per il ripetersi di queste situazioni. Il rifugio antiaereo si trovava su via Tuscolana all’angolo con via Umbertide (che allora non esisteva), dove oggi c’è un benzinaio. Sul cosiddetto “palazzone” di via delle Cave 91 esisteva una batteria contraerea, era questo l’unico edificio della strada. L’8 settembre 1943 in seguito all’armistizio l’esercito italiano si sbandò, i soldati rimasti senza ordini e senza superiori si dileguarono sperando in una rapida fine della guerra, gli anziani del quartiere ricordano che i soldati lasciarono armi all’interno della scuola. Un’ex alunna ricorda che quando la scuola fu chiusa perché requisita dall’esercito, le lezioni vennero spostate in un edificio posto in via Machiavelli vicino piazza Vittorio (da intervista a Marisa Pera). Dopo la liberazione di Roma, il 4 giugno 1944, la nostra scuola conosce un altro periodo di occupazione militare, presumibilmente di soldati americani, comunque alleati. Dai registri della scuola risulta comunque che l’anno scolastico 1944-45 cominciò regolarmente seppure con tutte le difficoltà che vedremo.

     Nel registro dell’insegnante Gentili Calcioni Ida, classe II F maschile, dell’anno 1940-41, leggiamo un resoconto impietoso sull’indisciplina degli alunni. E’ evidente, nelle parole che seguono, il riferimento alle difficoltà economico sociali delle famiglie, tipiche di una situazione di periferia. In data 7 marzo leggiamo: “M’era sembrato che questi ragazzi sentissero un po’ d’amor proprio e si mettessero davvero a studiare, ma m’ero illusa. Compiti a casa non ne fanno, una lezioncina non se la studiano, a scuola sono di una vivacità che stordisce e loro unico piacere è giocare e infastidirsi l’uno con l’altro. Per un non nulla si picchiano e basta che io voltigli occhi o li abbassi per scrivere che si accapigliano in malo modo. Hanno un senso di ribellione che stupisce e in tutte le loro azioni si comportano da lazzaroni, da figli della strada che nessuno cura. Che ne sarà di questi ragazzi quando l’opera della scuola non farà più sentir loro la sua influenza?

Alcuni ripetono la seconda da quattro anni; molti da tre, e credo che la cattiva condotta abbia influito molto sul poco profitto degli anni andati. Quel poco che quest’anno sanno, è frutto di tanta fatica e Dio sa quanto sto lavorando quest’anno in questa classe per fare un po’ di bene a questi ragazzi svogliati ed eccessivamente vivaci”.

     La maestra Malatesta Fidanza Anna, classe IV C femminile, nell’anno scolastico 1941-42, ci fornisce notizie di un maestro morto sul fronte greco, si sofferma sulle feste fasciste e di come venivano celebrate nella sua classe. E’ inusuale un accanimento simile, la maestra andava oltre le direttive del regime, segno che era fascista convinta in  un momento in cui il consenso a Mussolini veniva meno per l’andamento sfavorevole della guerra e per le privazioni della popolazione civile.

In data 25 novembre 1941 scrive: “Anche la nostra Scuola ha dato il suo contributo di sangue in questa guerra di liberazione, sul campo dell’onore cadeva un anno fa il nostro collega D’Arconte Ubaldo. Nobile e fulgido esempio egli ci ha voluto insegnare con dedizione come servire la Patria. Oggi giorno anniversario della morte la nostra Scuola ha fatto celebrare una messa in suffragio e per perpetuarne il ricordo ha consacrato alla sua memoria un’aula che nella giornata è stata visitata da tutti gli alunni i quali hanno fatto omaggio di fiori”.

     Nel registro della maestra Laurenti De Paolis Emma, classe II A femminile, dell’anno scolastico 1941-42, abbiamo notizia dei sacrifici che la guerra imponeva, in data 19 gennaio scrive:

“Per ragioni di economia di riscaldamento, l’Ecc. il Ministro dell’Educazione Nazionale ha disposto che le vacanze fossero prolungate fino ad oggi”. In data 23 gennaio scrive: “Dato il freddo molto intenso e l’inclemenza del tempo, sono molto numerose le assenze”: In data 17 febbraio: “Nella nostra aula è stato installato l’apparecchio radio”.

     La maestra Lombardo Francesca, classe IV D maschile, nell’anno scolastico 1943-44 scrive nella relazione finale che durante le lezioni si era costretti ad interrompere per scendere nei rifugi: “Non è stato possibile svolgere il programma didattico, preposto a principio d’anno, in tutti i particolari a causa delle sospensioni delle lezioni durante il periodo dell’arme. Tante volte, data la posizione periferica della scuola, si era costretti scendere in rifugio e sostarvi anche oltre il termine della lezione. Data tale situazione si è svolto il programma per sommi capi avendo cura di impartire poco ma bene”.

     Terminiamo questa rapida carrellata fra i registri scolastici con un registro dell’immediato dopoguerra in cui emerge con chiarezza tutta la drammaticità della situazione. Bisogna ricordare che nei mesi successivi alla Liberazione molte scuole di Roma erano occupate dalle armate liberatrici, altre erano state occupate dalle famiglie che avevano perso la casa in seguito ai bombardamenti, i cosiddetti sfollati. Le finanze comunali  erano dissestate per la situazione di emergenza.

     La maestra Battista Carolina, classe II B femminile, anno 1944-45, scrive nella cronaca della scuola in data 4 dicembre: “Il freddo è intenso. Non è proprio possibile fare lezione con le finestre sprovviste di vetri. Alla fine della lezione le bambine sono intirizzite e livide dal freddo. Speriamo che qualche provvedimento arrivi presto. Anche le famiglie si lamentano perché le bambine si raffreddano facilmente. La frequenza è scarsa”.

In data 22 dicembre: “Cominciano le vacanze di Natale: La frequenza è sempre scarsa per il freddo che si fa ogni giorno più intenso. Spero che dopo queste vacanze le cose potranno migliorare”.

In data 10 gennaio: “Siamo ritornate a scuola dopo la breve interruzione delle vacanze di Natale. Il nostro direttore sig. Farinella per diminuire il disagio provocato dalla assoluta mancanza di freddo, ha fatto del tutto per far mettere i vetri in parecchie aule. Così ha stabilito che ogni classe farà lezione un giorno sì e uno no dalle due alle quattro e mezzo (per il turno pomeridiano) così tutte avremo il vantaggio di rimanere in aule provviste di vetri. Per ora occupo una classe al primo piano”. In data 22 gennaio: “La frequenza riprende la sua normalità: Le bambine quasi tutte con buona volontà ed anche le famiglie sono più contente perché le bambine sono riparate dal freddo. Noto con piacere che le mie alunne studiano e mi seguono con attenzione ed io posso svolgere il programma della seconda senza ostacoli”.

In data 4 febbraio: “Continuiamo a venire un giorno sì e uno no. Certo le ore di lezione sono pochissime e non posso fare tutto quello che vorrei. Gli esercizi non sono molti ma il programma viene svolto ugualmente senza lacune”.

In data 15 febbraio: “Oggi sono ritornata nella mia classe dove il sig. Direttore ha fatto mettere i vetri. Le bambine sono tutte contente di ritornare nella loro aula al secondo piano e anche a me ciò ha fatto piacere perché  ho la credenza con i quaderni a portata di mano e mi sembra di essere così più sistemata”.

In data 1 marzo: “Poiché l’aria incomincia a intiepidirsi e abbiamo belle giornate di sole il Sig. Direttore ha tolto i turni e ha disposto che a partire da oggi ogni classe farà lezione tutti giorni… Sono contenta perché si potrà lavorare molto di più, e avendo più tempo disponibile, le bambine potranno fare molti e svariati esercizi scritti e orali”.

In data 5 marzo: “E’ stato disposto dalle autorità scolastiche che per le votazioni, si aboliranno le qualifiche di insufficiente, sufficiente, buono, lodevole e si ritorni alle qualifiche espresse in cifre da O a 10”.

LA SCUOLA NEL DOPOGUERRA

 

Gli anni Cinquanta e Sessanta

 

     Negli anni Cinquanta e Sessanta, in seguito all’edificazione intensiva del quartiere, la scuola Cagliero è una delle più grandi d’Italia per numero di alunni e conseguentemente di insegnanti. Negli anni subito dopo la guerra viene costruito il terzo piano dell’edificio da interviste a Vilardo Palma Brugioni e Adriana De Simone).

     I maschi entravano da un portoncino sito in via Tuscolana ed occupavano quel lato della scuola. Le femmine entravano dall’entrata principale e occupavano il lato Cave. C’era molto ordine, le scale si dovevano salire in fila per uno, lungo il muro, spesso era presente il direttore Di Lollo che sorvegliava la situazione (da intervista ad Adriana De Simone, Paola Fasano). Un’ex alunna ricorda che alla fine degli anni Cinquanta la prima rampa di scale era già consumata in corrispondenza della linea percorsa dalle classi in uscita messi in fila per due (da intervista a Elena Blasi, anche Mimmo Ippoliti). Un’altra ricorda che negli anni 1954-60 esisteva un servizio di vigilanza all’uscita fatto da gruppi di  alunni stessi (da intervista a Angiolina Ponziano).

     Nell’atrio della scuola c’erano – nell’immediato dopoguerra – due grandi manifesti che illustravano i tipi di bombe che si potevano trovare, l’ordine era di non toccarle per evitare gli incidenti che spesso accadevano in quegli anni in tutta Italia ed anche nel nostro quartiere (da intervista ad Adriana De Simone e Angiolina Ponziano).

     Per alcuni mesi gli alunni, entrando a scuola, dovevano passare dall’ambulatorio dove veniva distribuito l’olio di fegato di merluzzo in un cucchiaino che i bambini portavano da casa insieme ad uno spicchio di limone (da intervista a De Simone).

     Il 31 gennaio, festa di San Giovanni Bosco, tutta la scolaresca era condotta a messa in orario scolastico.

     Nelle aule i banchi erano di legno, neri, con i sedili fissi, il piano per scrivere era inclinato; la cattedra era posta su una pedana e al di sopra un altoparlante diffondeva la voce del direttore per le comunicazioni più importanti. Poiché si usava la penna con il pennino, la scuola avrebbe dovuto provvedere a far riempire spesso i calamai inseriti nei banchi, ma non sempre questo avveniva, quindi erano gli stessi alunni a portare un calamaio da casa. Alle finestre c’erano tende marroni di stoffa a salire, le finestre erano in legno, le porte delle aule in legno erano alte fino al soffitto (da interviste a De Simone e Rosicarelli). Tra il 1965 e il 1970 avvenne il cambio dei banchi molto simili a quelli attuali (da intervista a Emanuela Venditti ).

     Le bambine avevano il grembiule bianco e il fiocco blu, i maschi il grembiule blu e il fiocco bianco, tutti sul braccio sinistro avevano ricamata la classe che frequentavano scritta a numeri romani. Alcune maestre indossavano un grembiule nero (da intervista a Angiolina Ponziano).

     Sono molti gli alunni di quegli anni che ricordano le bacchettate sulle mani (interviste a Carla Gizzi, Giuseppe D’Aversa, Mimmo Ippoliti ricorda che il maestro aveva il permesso esplicito della madre). Tanti altri ricordano i rimproveri ricevuti per voler scrivere con la sinistra, in tutti i casi veniva imposto di scrivere con la destra (intervista a Luciana Fanuzzi, Luigi Cerisano, l’ex alunno Fabio Gioffredi ricorda che la maestra lo ha costretto a scrivere con la destra ma fa tutto il resto con la sinistra).

     Negli anni Sessanta venne costruito un teatro in legno nel piano seminterrato sul lato Cave, il palco era arricchito da scene dipinte dalla maestra D’Elia, i posti a sedere per il pubblico erano in ordine crescente verso la fine della sala (da intervista a Rita Rosicarelli, Adriana De Simone, molti ex alunni ricordano le recite fatte nel teatro, fra i tanti: Luciana Fanuzzi, Gianfranco Magli).

     Sempre al piano seminterrato, nel corridoio di collegamento tra i due bracci, c’era un forno per la ceramica. Mentre sul lato Cave c’era il refettorio e la cucina perché nella scuola funzionava il doposcuola per le famiglie che volevano lasciare a mensa i figli. In questo caso le maestre erano fornite dal Patronato Scolastico, un ente di assistenza che aveva sede in via Ippolito Nievo a Trastevere, dal 1976 le sue funzioni sono state assorbite dal Comune di Roma (da intervista a Rita Rosicarelli).

     Fra le attività delle classi gli ex alunni ricordano gite, o forse meglio, visite guidate alle Tombe della Via Latina, alla Caffarella, alle catacombe di San Callisto, a villa Lazzaroni –c’erano le suore- semplicemente per giocare (da intervista a Mario Mancuso, Luciana Fanuzzi). In occasione del disastro del Vajont (il 9 ottobre 1963 si verificò un disastroso straripamento del lago artificiale formato dalla diga del Vajont che sbarrava le acque del torrente omonimo sommergendo il paese di Longarone) la scuola promosse una raccolta di viveri, medicinali e coperte per i sopravvissuti (ricordi di Tiziana Fratini).

     La direzione didattica era al primo piano sopra l’entrata principale e tenuta in ordine dalla mitica bidella Letizia che usava la cera per lucidare i pavimenti ed era abbellita con piante ornamentali e addirittura da una grande gabbia per uccellini (da intervista ad Adriana De Simone).

     Erano anni di boom demografico, nascevano tanti bambini, nelle case del quartiere c’era il fenomeno della coabitazione, cioè due famiglie vivevano nello stesso appartamento per ragioni di ristrettezze economiche. Le aule non bastavano per accogliere tutte le classi, ancora nel 1971 nella nostra scuola c’erano 112 sezioni, si facevano i doppi turni, una metà delle classi frequentava la mattina, l’altra il pomeriggio. Ogni mese il turno si invertiva. Negli anni Sessanta c’erano addirittura due direzioni didattiche, una per la mattina l’altra per il pomeriggio, si trovavano al primo piano dove ci sono le vetrate. La scuola aveva due vigilatrici e un’assistente sociale: Claudia Luciani che rimase in servizio fino al 1978/79 (da intervista a Rita Rosicarelli).

     Una ex alunna ricorda che nel 1965 volevano trasferire parte delle classi alla nuova scuola Ada Negri di via Latina, la protesta dei genitori bloccò il trasferimento (da intervista a Maria Luisa Presciuttini).

Gli anni Settanta

     Dal 1970 tutte le classi sono miste (da intervista a Laura Salvatore).

     Nel 1973 una legge ha dato la possibilità ai genitori di partecipare alla vita della scuola, da allora anche alla Cagliero i genitori partecipano alle riunioni degli Organi Collegiali. Dal 1977 la legge 517 abolisce le scuole riservate agli alunni con handicap e questi vengono inseriti nelle scuole comuni, anche in questo campo la scuola Cagliero è stata in prima fila anche grazie al fatto di avere lo scivolo per le carrozzelle tra le prime scuole del territorio (nell’intervista Gesuina Tattanelli ricorda le prime esperienze di inserimento di alunni diversamente abili).

     Anche per i nomadi presenti al Mandrione e a via dell’Arco di Travertino l’inserimento è stato sempre favorito tra le prime scuole di Roma. Prima ci furono classi speciali riservate ai nomadi, poi ci fu l’inserimento vero e proprio. Negli anni Settanta c’era una maestra per i nomadi, si chiamava Benvenuto Carmelina, andava al campo nomadi e faceva opera di mediazione . La Cagliero e la scuola Don Bosco di Monte Sacro sono state le prime a favorire l’inserimento dei nomadi ed erano le uniche ad avere dei posti di insegnamento dal provveditorato per i nomadi (da intervista a Rita Rosicarelli). L’ex alunna Minerva Halilovic parla di “una classe di recupero per alunni rom”, frequentata da lei stessa.

     Molti ex alunni intervistati in occasione del 70° della Cagliero dicono di avere un ricordo molto vivo dei bambini del Mandrione e dall’Arco di Travertino, provenivano da famiglie molto povere che abitavano in povere case, spesso vere e proprie baracche. Nei ricordi degli ex alunni c’è molta comprensione nei loro confronti, Paola Quaranta dice: “Erano loro gli extracomunitari di oggi”.

     Molti alunni ricordano gli spettacoli di burattini (Nicoletta Di Pasqua), i Giochi della Gioventù per l’atletica leggera (Paola Fasano e Claudia Sorrentino), la proiezione di film (Marcellino pane e vino, nei ricordi di Nicoletta Di Pasqua). L’ex alunno Luigi Cerisano ricorda una gita annuale ai giardini della Banca d’Italia di fronte alla scuola.

     Negli anni Settanta il direttore era Malatesta, il segretario era Pilaroscia.

Gli anni Ottanta e Novanta

     Dal 1978 fino al 2003 il dott. Antonio Galati è stato il direttore della Cagliero. Con lui la scuola ha conosciuto diverse novità, tra queste l’introduzione del tempo pieno. Sono classi che hanno un orario più lungo delle altre: dalle 8,30 alle 16,30, di conseguenza hanno due maestri, uno la mattina e l’altro di pomeriggio. Sempre durante al direzione di Galati, nel 1980, la scuola ha avuto le uscite con le scale di emergenza, nuove porte e finestre, lo scivolo per gli handicappati sulla sinistra dell’ingresso ed il pavimento è stato ricoperto da una sostanza plastica. Nel 1982 tutto l’edificio scolastico è stato restaurato. Nel 1985 la scuola elementare italiana ha nuovi programmi, in base a questi finì la presenza di un solo insegnante per classe e si ebbe l’introduzione dello studio della lingua inglese. Nella scuola l’ultima classe con un solo maestro è uscita nel 1993 (ins. Giusto Piazza). Dal 1997 la scuola Gianni Rodari di via Norcia è stata aggregata alla scuola Cagliero.

Gli ultimi anni

     Nel 1998 una legge dello Stato ha dato alle scuole autonomia finanziaria e didattica, da allora il direttore didattico si chiama dirigente scolastico. Dal 2003 la dirigente scolastica è la dott. Laura Cialè. Nella scuola ha sempre funzionato una scuola per adulti, cioè per quelle persone che sfortunatamente non hanno potuto frequentare la scuola elementare e conseguire la licenza. Negli anni del dopoguerra questa scuola si chiamava Scuola Popolare, oggi Centro Territoriale Permanente ed è attivo nella scuola.

     Nel 2010 è andata in pensione la portiera della scuola, la sig. Rosaria che era in servizio dal 1974 e prima di lei il marito Agostino D’Amico.

     Dall’anno scolastico 2012-13 la scuola Cagliero si è unita alla vicina scuola media Tibullo dando vita all’Istituto Comprensivo Largo Volumnia 11. Dallo stesso anno tutte le aule della scuola sono dotate della LIM (lavagna interattiva multimediale) grazie alla donazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, la vecchia lavagna di ardesia con il gesso è andata in pensione.

     Per capire quale era il clima di relazioni personali che si stabiliva nella scuola per adulti è bella la testimonianza della maestra Maria Barberio Campagna oggi novantunenne che ha insegnato al Borghetto Latino, durante una ispezione del direttore didattico, un’alunna adulta dice: “Signor Direttore, io ero cieca e la maestra Maria mi ha ridato la vista!”. La scuola elementare oggi si chiama primaria, si è dotata negli ultimi anni di numerosi laboratori fra i quali spicca quello di informatica e quello di scienze, ha un’aula per le proiezioni video, si organizzano visite guidate e campi scuola, concerti di musica classica, rappresentazioni teatrali. Gruppi di insegnanti organizzano progetti con lo scopo di ampliare l’offerta formativa. Fra questi c’è il progetto “Un gioco per crescere: gli scacchi” nato negli anni Settanta ad opera di un giovane maestro Mario Albano che credeva fortemente nel valore formativo di questo gioco (tra le testimonianze che lo ricordano quella di Luciana Colagrossi). Albano è morto, ancora giovane, in seguito ad un incidente stradale. Oggi, il più grande circolo di scacchi di Roma è intitolato alla sua memoria e molti insegnanti che lo hanno conosciuto lo ricordano con affetto.

Aggiornamenti

     Dall’anno scolastico 2011-12 la scuola Cagliero, la scuola Rodari, la scuola dell’Infanzia e la scuola Media Albio Tibullo formano un’unica istituzione scolastica: l’Istituto Comprensivo Largo Volumnia.

     Dall’anno scolastico 2012-2013 tutte le aule della scuola sono dotate della LIM (Lavagne Interattive Multidisciplinari), un computer è collegato ad una lavagna speciale di m3x2, si può scrivere sul computer ma anche sulla lavagna con una penna speciale, il sistema è dotato di collegamento ad internet. Dall’anno scolastico successivo alcune classi hanno il registro elettronico e dal 2014-15 è stato esteso a tutte le classi.

     Dal 1° settembre 2014 Piero Comandè è il nuovo dirigente scolastico. Dal marzo 2016 è stato installato un apparecchio per le presenze del personale di segreteria e dei collaboratori scolastici. La scuola dispone di una biblioteca con 2.354 volumi di cui 1.800 di narrativa. Nella biblioteca vi sono tre enciclopie Treccani perché vi è confluita parte della biblioteca della scuola media Petrocchi.

     Dal 1° settembre 2017 Maria Rosaria Merolla è la nuova dirigente scolastica.

Piero Tucci

Maestro della scuola Cagliero